Sari 2000
SlideShow 01 SlideShow 01 SlideShow 01
Sari2000 Home SlideShow
home » maggio-giugno 2017 » Elisir di Salute – Maggio Giugno 2017

Frattura del femore, si può prevenire?

I fattori di rischio che conducono alla Frattura del femore nell’anziano sono spesso legati all’Osteoporosi e a banali cadute, di frequente in ambiente domestico

La Frattura del femore rappresenta uno degli infortuni più comuni a carico degli anziani, seguita dalla frattura dell’omero e del polso. Nel 2015, in Italia, i casi sono stati tra i 70.000 e i 90.000. Nell’anziano, a differenza di quanto accade nella persona più giovane, la Frattura del femore è una frattura da fragilità, cioè una lesione che si instaura in seguito ad un trauma di modesta entità, come una banale caduta, spesso in ambiente domestico.

Sempre a differenza di quanto avviene nel giovane, la Frattura del femore nell’anziano interessa l’estremità iniziale dell’osso, quella cioè che va dalla testa al gran trocantere (femore prossimale) configurando quadri che possono essere sostanzialmente divisi in due gruppi: fratture mediali del collo del femore e fratture laterali.

La prevenzione delle Fratture del femore nell’anziano è, come quasi in tutte le malattie, la migliore cura ma è spesso molto difficile da mettere in atto in questi Pazienti. Infatti, gli anziani che vanno incontro a queste lesioni presentano spesso patologie associate che possono riguardare il sistema nervoso centrale, come l’ampio spettro delle Demenze (ad esempio la Malattia di Alzheimer), o altre patologie che causano difficoltà alla coordinazione dei movimenti, tutti fattori che possono aumentare il rischio di una caduta che può provocare, per l’appunto, la Frattura del femore.

 

I fattori di rischio

Nella quotidianità della persona anziana risulta importante partire dall’individuare tutti quei fattori di rischio che possono portare alla Frattura del femore e prendere gli opportuni provvedimenti. Nelle persone con difficoltà di deambulazione, ad esempio, è importante fare acquisire alcuni specifici e corretti schemi motori attraverso una terapia mirata e, quando possibile, supervisionare sempre i movimenti.

Un altro fattore di rischio particolarmente importanteè l’Osteoporosi, malattia caratterizzata dalla presenza di una ridotta massa ossea, che interessa gli anziani e soprattutto le donne in età post-menopausale. Una volta diagnosticata l’Osteoporosi, attraverso il dosaggio di alcuni elettroliti (tra cui il calcio) e l’esecuzione di un esame strumentale specifico (la Densitometria ossea), è di fondamentale importanza la supplementazione degli elettroliti carenti e l’assunzione di alcuni farmaci specifici, tra cui i bifosfonati, per ridurre il rischio che un trauma di bassa entità possa condurre ad una frattura.

Molto importante è anche lo stato nutrizionale dell’anziano, un fattore in parte collegato all’Osteoporosi. È stato osservato, infatti, che gli anziani denutriti o con un apporto dietetico non bilanciato sono più suscettibili alle Fratture del femore.

 

Il sintomo dolore

Quando la prevenzione purtroppo fallisce e ci troviamo davanti ad un anziano che in seguito ad una caduta anche banale non riesce più a rialzarsi e lamenta dolore al femore o al bacino, dobbiamo sospettare subito una Frattura del femore. Quest’ultima può avere quadri clinici molto diversi, spesso l’arto interessato si presenta accorciato ed extraruotato (con il piede e la gamba rivolti cioè all’esterno) ma il sintomo che risulta pressoché costante e deve mettere in allarme è il dolore.

Una volta sospettata, la Frattura del femore viene confermata dall’esame radiografico, supportato eventualmente da una Tomografia Computerizzata.

 

In caso di frattura

Il trattamento della Frattura del femore varia soprattutto in base a questi fattori: tipologia di frattura, età del Paziente, esigenze funzionali e patologie associate.

Gli interventi chirurgici che si eseguono sulla Frattura del femore si suddividono in interventi di sintesi e di sostituzione protesica. Gli interventi di sintesi vengono eseguiti attraverso piccoli accessi chirurgici, avvalendosi di dispositivi di diagnostica strumentale, come l’Amplificatore di brillanza, che permettono di ottenere immagini radiografiche durante tutte le fasi dell’intervento. I mezzi di sintesi che vengono utilizzati per fissare le Fratture del femore sono molto vari e vanno dai chiodi in titanio alle viti e alle placche. Un’altra tipologia di intervento che si esegue nelle Fratture del femore è la sostituzione protesica, parziale o totale. La testa femorale viene asportata e sostituita con una protesi e il collo e il canale femorale vengono preparati per accogliere lo stelo protesico che può essere o meno cementato all’osso. Nelle protesi totali viene sostituito anche l’acetabolo, la parte di bacino che si articola con la testa femorale per formare l’articolazione dell’anca.

 

Riabilitazione e assistenza a casa

Che si tratti della prima o della seconda tipologia di intervento, è fondamentale la riabilitazione del Paziente. A partire dal giorno successivo all’intervento, quando le condizioni cliniche del Paziente lo permettano, va cominciata la Fisioterapia che, nella maggior parte dei casi, conduce il Paziente ad acquisire la posizione eretta in seconda giornata postoperatoria e a camminare con l’ausilio di un girello già dalla terza giornata.

È importante sottolineare l’importanza di una precoce diagnosi e di un tempestivo trattamento, poiché le Fratture del femore sono gravate da un’alta percentuale di mortalità, anche in seguito ad un trattamento corretto e tempestivo, che aumenta significativamente col trascorrere del tempo. La mortalità è dovuta soprattutto all’insorgenza di complicanze tromboemboliche che si cerca di scongiurare con la tempestiva profilassi con farmaci specifici e un tempestivo trattamento chirurgico (in genere entro le 48 ore dal trauma).

È inoltre importante evidenziare come la mortalità a tre mesi dal trauma diminuisca nei Pazienti che dopo la dimissione ritornano al proprio domicilio (dove dovranno essere assistiti in maniera adeguata) rispetto a quelli che vengono trasferiti nelle case di cura, questo probabilmente per il beneficio che l’ambiente domestico ha sulla sfera psico-emotiva dell’anziano. In ogni caso è assolutamente necessario ridurre al minimo l’ospedalizzazione per l’aumento del rischio di complicazioni del quadro clinico che un prolungato ricovero potrebbe comportare, come quelle di natura infettiva o respiratoria.

Tratto da  Elisir di Salute (copyright) 

il punto di vista di medici e ricercatori 

maggio/giugno 2017

Dott. Federico Santolini

Responsabile U.O. Ortopedia e Traumatologia d’Urgenza

IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino – IST di Genova

SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia)

Dott. Daniele Mangano

U.O. Ortopedia e Traumatologia d’Urgenza

IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino – IST di Genova

Dott.ssa Antonella Conti

U.O. Ortopedia e Traumatologia

Ospedale S. Paolo – Savona


Elisir di Salute • maggio-giugno 2017