Fumo, il nemico dei polmoni
Insieme all’inquinamento atmosferico il fumo rappresenta la principale causa della sempre maggiore diffusione della BPCO, la malattia che colpisce i polmoni
Da una decina d’anni, nel mondo occidentale si è consolidata una tendenza alla riduzione delle morti causate dai due grandi killer della seconda metà del XX secolo: il Cancro e le Malattie cardiovascolari. In parte ciò è dovuto alle migliorate condizioni di vita, alla maggiore attenzione all’inquinamento e ai corretti stili di vita; in parte è merito dei progressi nella diagnosi precoce e nella cura di molte malattie.
Se queste malattie sono, sia pur lentamente, in calo, esiste una patologia che al contrario sta interessando un numero sempre maggiore di persone: la Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) che, secondo gli esperti, entro una decina d’anni rappresenterà la terza causa di morte a livello planetario.
Cos’è la BPCO
Semplificando, possiamo dire che è una malattia progressiva che colpisce i polmoni (specialmente le vie aeree più sottili), impedendo una regolare ventilazione. Questa condizione è quasi sempre causata o facilitata dall’abitudine al fumo o all’inalazione di aria inquinata; ha un decorso molto lento ma, progressivamente (nell’arco di decenni ), porta a una diminuzione delle capacità di respirare, con impossibilità anche solo a fare brevi camminate. Se consideriamo che spesso a questo stato cronico si associano frequenti riacutizzazioni con infezioni polmonari come Broncopolmonite o Pleurite, si capisce quanto questa patologia sia invalidante.
I danni del fumo
La causa principale della BPCO è il fumo. Purtroppo i danni causati da questa insana abitudine sono molto lenti a comparire e, ancora di più, sono lenti a scomparire quando un fumatore decide di smettere. Chi ha fumato per 30-40 anni, anche se smette, rimane per almeno dieci anni ad alto rischio per questa e per altre malattie (tra cui Cancro del polmone e Infarto). Ciò deve convincerci dell’assoluta necessità di far cessare l’abitudine al fumo nei giovani e negli adolescenti e deve impegnarci nel tentativo di intercettare precocemente i casi di BPCO, possibilmente quando c’è ancora, forse, la possibilità di invertire la progressione verso gli stadi più gravi.
Classificare la malattia
Tra le azioni intraprese a questo riguardo la più importante è una iniziativa globale, chiamata “GOLD”, proposta dai massimi esperti mondiali del settore per uniformare i criteri di definizione della malattia, classificandola secondo parametri obiettivi e determinandone, per ogni stadio, il trattamento medico da preferire.
Gli strumenti da utilizzare per compiere questa valutazione clinica sono un esame strumentale, la Spirometria, e la valutazione di alcuni parametri clinici come presenza e gravità dei sintomi e delle riacutizzazioni.
È interessante il fatto che, rispetto a qualche anno fa, le nuove Linee Guida sono cambiate in una direzione tutto sommato atipica in quanto, in questa epoca tecnologica, si tende ad affidarsi sempre più alle “macchine”. Infatti, fino a ieri, la classificazione della BPCO in gradi progressivamente crescenti di gravità si faceva utilizzando i risultati di un esame tecnico, la Spirometria, in cui il Paziente deve compiere respiri forzati in un boccaglio. Oggi ci si è resi conto che questo dato, da solo, non basta per farsi un’idea adeguata della severità della malattia; si è convenuto che non si può fare a meno di un po’ di clinica, ovvero dell’osservazione dei sintomi e della vita dei Pazienti. Può accadere che, in un caso, il referto della Spirometria orienti verso una gravità che non corrisponde allo stato “vero” del Paziente, che non avverte fatica a respirare e non presenta pericolose riacutizzazioni; per contro altri Pazienti, con un danno che alla Spirometria appare minore, possono presentare gravi sintomi e talvolta devono ricorrere anche a frequenti ricoveri ospedalieri.
Sono stati approntati alcuni schemi, facilmente applicabili da ogni Medico (a partire dai Medici di famiglia), per incasellare ogni Paziente in uno stadio: A,B,C o D. Non è importante in questa sede approfondire le specifiche differenze tra queste classi, l’importante è sapere che, per ogni livello di BPCO, esiste un trattamento adeguato e appropriato. Rispettando queste Linee Guida abbiamo la certezza di dare ad ognuno il tipo di farmaco giusto, evitando sia di sottotrattare i casi più gravi sia di dare ai casi più lievi farmaci troppo forti, per i quali il rapporto rischi/benefici non è favorevole.
Le conseguenze di questa auspicata maggior appropriatezza nelle terapie dovrebbero essere un miglior controllo dei sintomi e una diminuzione dei ricoveri e delle progressioni verso gli stadi peggiori.
Il costo delle cure
Si è calcolato che l’impatto economico di una simile malattia è enorme: al costo diretto dei farmaci, degli esami, dei ricoveri, bisogna aggiungere gli anni di invalidità, il disagio per le famiglie, i mancati guadagni. Ecco perché, in tutto il mondo, sta crescendo l’attenzione e si moltiplicano le iniziative per contenere questa vera e propria epidemia.
Ciò che è difficile prevedere è l’effetto di queste strategie nel medio e nel lungo termine: infatti è prevedibile che per alcuni Pazienti ci troveremo a dover prescrivere terapie più pesanti e più costose; ma è anche possibile che vengano alla luce casi in cui è consigliabile un approccio più leggero che, oltre a limitare i rischi connessi a terapie non necessarie, produrrebbe un risparmio, liberando risorse da destinare a chi ne ha necessità e ne potrà trarre maggior giovamento.
In tempi in cui il risparmio sembra rappresentare la formula magica a cui si ricorre spesso in eccesso, l’auspicio è che non vengano messi in moto meccanismi che, per la ricerca di improbabili riduzioni di costi nel brevissimo termine, di fatto, vadano a impedire l’utilizzo dei farmaci appropriati. Se soltanto allungassimo un poco il tempo di osservazione e seguissimo le giuste terapie, infatti, si potrebbero ottenere ben maggiori risparmi in termine di dolore, inabilità e costi.
Dott. Enrico Delfini
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale
Elisir di Salute • gennaio-febbraio 2016
