Ictus, conoscere per prevenire
Per la sua prevenzione è fondamentale conoscere i fattori che da soli o in combinazione tra loro ne aumentano il rischio di insorgenza
Nel mondo, ogni anno, 15 milioni di persone sono colpite da Ictus, di queste quasi 6 milioni muoiono. Terza causa di morte, prima di invalidità e seconda di Demenza: l’Ictus cerebrale è una malattia grave e disabilitante che nel nostro Paese colpisce circa 200.000 persone ogni anno. In Italia i soggetti che hanno avuto un Ictus e sono sopravvissuti sono oggi circa 940.000 ma il fenomeno è in costante crescita, considerando che oggi si vive più a lungo e che l’Italia è tra i Paesi europei con aspettativa di vita più elevata.
Che cos’é l’Ictus
Si tratta di una malattia che colpisce il cervello, danneggiando o distruggendo una parte di esso, causata dall’improvvisa chiusura o rottura di un’arteria. Il cervello è diviso in aree, ognuna delle quali è responsabile per il movimento e il funzionamento di diverse parti del corpo. Ogni lato del cervello controlla il lato opposto del corpo. Per esempio, se è danneggiato il lato destro del cervello, la parte sinistra del corpo ne porterà le conseguenze.
Due tipi di Ictus
L’Ictus può essere ischemico o emorragico. Il primo è dovuto alla chiusura di un’arteria cerebrale e, in questo caso, si parla di Ischemia cerebrale: le cellule che prima venivano nutrite da quell’arteria subiscono un infarto e muoiono. L’Ischemia cerebrale rappresenta l’80{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648} di tutti i casi di Ictus cerebrale.
Un’arteria si può chiudere perché al suo interno si forma un coagulo (trombo) che va ad ostruire definitivamente un’irregolarità della parete dell’arteria stessa (la placca ateromasica): si parla in questo caso di Trombosi cerebrale. Oppure l’arteria si può chiudere a causa di coaguli partiti da lontano (emboli), nella grande maggioranza dei casi dal cuore: in questo caso si parla di Embolia cerebrale.
L’Ictus emorragico è invece dovuto alla rottura di un’arteria cerebrale. Questo rappresenta il 20{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648} dei casi di Ictus cerebrale. Nel 15{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648} dei casi si tratta della rottura di un’arteria danneggiata dalla pressione arteriosa troppo alta, o da un accumulo nelle pareti di una sostanza detta amiloide. L’emorragia cerebrale può essere anche favorita da una terapia anticoagulante condotta in modo inappropriato. Nel 5{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648} dei casi l’emorragia è conseguente alla rottura di vasi malformati, aneurismi o malformazioni arterovenose.
Non colpisce solo gli anziani
L’Ictus non è soltanto una malattia dell’anziano (dagli 85 anni in su l’incidenza dell’Ictus è fra il 20 e il 35{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648}): infatti, dei 200.000 nuovi casi di Ictus che si verificano ogni anno nel nostro Paese, circa 10.000 riguardano soggetti con età inferiore ai 54 anni. I fattori che favoriscono l’Ictus nel giovane sono soprattutto errati stili di vita, fumo, alcool e droghe, sport estremi, in altri casi scarsa attività fisica e obesità.
Fibrillazione atriale e Ictus
L’Ictus conseguente ad embolia cerebrale è prevalentemente causato dalla Fibrillazione Atriale, anomalia del ritmo cardiaco che colpisce 1 ultraottantenne su quattro (oppure il 6-7{26304d1512e104e099b52f53b2cacff44822b68479edd4de95898ae35700b648} della popolazione sopra i 65 anni). Questo tipo di Ictus può essere prevenuto con la diagnosi precoce di questa aritmia che va trattata con farmaci anticoagulanti. Con questa terapia preventiva, si possono evitare ben 3 Ictus su 4, pari a 30.000 casi di Ictus all’ anno.
Quali fattori di rischio?
Ai fini della prevenzione risulta fondamentale conoscere adeguatamente i fattori di rischio che da soli o, ancora di più, in combinazione tra di loro, aumentano la possibilità di incorrere in un Ictus: Ipertensione arteriosa, Obesità, Diabete, fumo di sigaretta ed alcune anomalie cardiache e vascolari.
Le nuove terapie della fase acuta (Trombolisi e Trombectomia meccanica), se praticate in tempi rapidissimi (massimo alcune ore dopo la comparsa dei primi sintomi), possono eliminare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente questi esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt’oggi molto limitata per una serie di motivi, tra i quali il ritardo con cui il Paziente arriva in Ospedale, il ritardo intra-ospedaliero e la mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate. Per la sua elevata incidenza, e nonostante le importanti possibilità sia preventive che terapeutiche, l’Ictus cerebrale continua a rappresentare un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di enormi dimensioni.
La riabilitazione nel post-Ictus
L’Ictus cerebrale continua purtroppo ad essere in tutto il mondo una delle malattie più importanti; in Italia, è stato calcolato che dei quasi 200.000 casi che si presentano ogni anno, almeno 50.000 escono dalla fase acuta dell’Ictus con problemi gravi, che riguardano la funzione motoria, il linguaggio o la sfera cognitiva. La riabilitazione post-Ictus continua quindi a rappresentare un approccio terapeutico indispensabile per migliorare gli esiti nel Paziente colpito da Ictus e restituirgli la maggiore autonomia possibile, anche per evitare complicanze secondarie dovute alla immobilità. L’efficacia della riabilitazione in seguito ad Ictus è sostenuta anche da importanti basi biologiche. La riabilitazione è, infatti, in grado di stimolare la cosiddetta plasticità neuronale, ovvero la capacità delle aree cerebrali non colpite dall’Ictus di compensare le zone danneggiate, favorendo il recupero delle funzioni perse. In queste attività intervengono molte vie molecolari che oggi vengono identificate, tra le quali il Brain Derived Neurotrophic Factor, che sta emergendo come il fattore centrale della neuroplasticità durante la riabilitazione post-Ictus. Inoltre, alcune moderne tecniche di Risonanza Magnetica, come il DTI – Diffusion Tensor Imaging, rappresentano uno strumento utile alla predizione del recupero motorio a seguito della riabilitazione post-Ictus.
Al di là delle innovative strumentazioni esistono delle fasi fondamentali per il recupero, quali l’inizio molto precoce, già a partire dai primi giorni dopo l’Ictus, di attività riabilitative condotte da personale qualificato, la loro prosecuzione continuativa, le tecniche ed il grado di intensità ritagliati sul singolo caso, il coinvolgimento della famiglia e del caregiver nel praticare attivamente gli esercizi fisici e nella gestione del Paziente nella vita di tutti i giorni.
Quello che manca in Italia è un protocollo uniforme da seguire proprio perché la riabilitazione dovrebbe iniziare dalla fase di ricovero per poi proseguire in modo continuativo, senza interruzioni e senza rigide limitazioni temporali in Strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali.
La Giornata Mondiale contro l’Ictus
Lo scorso 28 ottobre si è celebrata la XIII edizione della Giornata Mondiale contro l’Ictus, iniziativa promossa a livello internazionale dalla World Stroke Organization (WSO). La Federazione A.L.I.Ce Italia Onlus ha deciso di puntare l’attenzione sul tema della riabilitazione post- Ictus, aspetto fondamentale che spesso, in Italia, viene applicato in modo disorganizzato e frammentario, con gravi ricadute per il Paziente e le famiglie.
Tratto da Elisir di Salute (copyright)
il punto di vista di medici e ricercatori
gennaio/febbraio 2018
Prof. Domenico Inzitari
Professore Ordinario di Neurologia
Dipartimento di Neuroscienze
Università degli Studi di Firenze
Presidente Comitato Tecnico Scientifico
A.L.I.Ce Italia Onlus
Elisir di Salute • gennaio-febbraio 2018