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Percezione del tempo, quali meccanismi?

Un’errata percezione del tempo da parte del nostro cervello crea smarrimento e confusione e spesso è legata a traumi o malattie cerebrali da non trascurare

Tenere traccia del tempo è un processo essenziale della nostra vita ed è proprio al nostro cervello che viene conferita questa importantissima abilità. Diversi sono i meccanismi che sottendono alla percezione del tempo; innanzitutto il cervello percepisce il tempo in relazione al succedersi delle informazioni che gli giungono e al loro progressivo
cambiamento. I modelli di riconoscimento di una sequenza temporale (“so cosa succederà dopo”) consentono di prevedere l’evoluzione di un fenomeno e l’intervallo che intercorre fra la prima manifestazione e le successive (ad esempio, se cade un piatto da un tavolo, mi aspetto di vederlo frantumato a terra pochi secondi dopo). Oltre a ciò, è documentato che una parte del nostro cervello, il lobo frontale, è in grado di riconoscere la “sequenza temporale degli eventi”, cioè la capacità di identificare quali condizioni sono giustificate da eventi che debbono verificarsi prima, per poter rendere possibile l’evento successivo.

 

Come il cervello tiene il tempo

Alcune strutture cerebrali sono deputate a individuare le attività che si realizzano in previsione o in conseguenza di un’azione. Tale meccanismo è attivo su molti versanti del funzionamento del cervello, da quello motorio a quello cognitivo.
In ambito motorio, decidendo di compiere un gesto significativo, ad esempio legato allo sport o all’utilizzo di un oggetto, vengono attuati meccanismi di preparazione all’esecuzione di quel gesto e, successivamente, azioni di “ripristino” della condizione di base. Anche nello svolgimento di un compito cognitivo, legato all’apprendimento di una serie di informazioni, il cervello attiva prima i ricordi che servono per “inquadrare” le informazioni da apprendere e, dopo aver espletato le attività necessarie per fissare la sequenza da memorizzare, attiva un meccanismo di “rinforzo” dell’apprendimento, ripetendo anche inconsciamente la sequenza fino a farla divenire abituale. Un’interferenza che si realizzi prima o dopo la fase di fissazione dell’informazione compromette sensibilmente la riuscita del processo di apprendimento.
In caso di specifiche lesioni cerebrali, viene alterata la procedura che garantisce la realizzazione del processo; ad esempio, il soggetto non è in grado di realizzare sequenze di azioni finalizzate a raggiungere uno scopo (per vestirsi, ad esempio, bisogna prima indossare una manica e poi l’altra e quindi allacciare l’abito). Tali difficoltà possono esprimersi nell’ambito dei compiti motori, di tipo gestuale o di utilizzo di particolari strumenti. In questi casi, la sequenza delle azioni semplici che configurano un gesto complesso viene disgregata e non riesce a raggiungere le finalità proposte.

 

Malattie e disorientamento temporale

In alcune patologie, come nelle Demenze, la persona non riesce a identificare il momento nel quale sta vivendo in relazione ai suoi riferimenti temporali: non rievoca il giorno, il mese, l’anno o l’ora. Tale situazione può realizzarsi anche in seguito ad eventi traumatici che interessano alcune strutture cerebrali, per cui il soggetto perde il riferimento temporale delle sue esperienze. In alcune condizioni, il Paziente è cosciente di non riuscire ad identificare il riferimento temporale di alcuni eventi; alla luce di tale consapevolezza può talora attivare meccanismi di “sostituzione” degli eventi reali con altri immaginari. Tale condizione è frequente, ad esempio, in caso di Encefalopatie tossiche come quella etilica.

 

Titolo secondo argomento

Le cause di un’errata percezione del tempo
Oltre a malattie degenerative o eventi traumatici, anche situazioni acute, come intossicazioni e anestesie, possono compromettere la rievocazione di informazioni per un periodo antecedente o successivo all’evento (amnesia retrograda o anterograda). Il meccanismo attraverso il quale si realizza la compromissione della percezione del tempo è diversificato. Nelle principali forme di Demenza, ad esempio, la persona non riesce a rievocare episodi della propria giornata, soprattutto se non legati ad un particolare contenuto emotivo. Nelle forme più avanzate, non riesce a legare le proprie abitudini giornaliere (come consumare un pasto o uscire) all’orario abituale di esecuzione. Invece, nell’ambito delle condizioni episodiche, cioè caratterizzate da brevi periodi di alterazione della percezione del tempo, la situazione più comune è quella riferita ad eventi traumatici del cranio con alterazione del contatto con l’ambiente, nei quali si verifica una “lacuna mnesica” caratterizzata dall’incapacità di realizzare quanto accade in un lasso di tempo. L’errata percezione del tempo compromette i riferimenti abituali della nostra vita e l’organizzazione della nostra attività. Pazienti con grave deficit cognitivo non si rendono conto di quando è ora di mangiare o di coricarsi e, in tal modo, vedono “disgregata la propria giornata”. È indubbio, però, che qualsiasi condizione, anche occasionale, comprometta i riferimenti temporali della nostra attività e limiti la possibilità di memorizzare le informazioni relative a tale attività. Sulla base di tale presupposto, il soggetto può essere consapevole di aver vissuto un fatto significativo, anche se non riconosce in quale contesto esso si è realizzato. Tale condizione è correlata ai fattori che compromettono l’attenzione su base tossica (come l’ebbrezza alcolica), iatrogena (da utilizzo di farmaci sedativi o ipnotici) o per altri eventi clinici (ad esempio crisi epilettiche o traumi cranici).

 

Un importante campanello d’allarme

Il disorientamento temporale rappresenta abitualmente una condizione delle fasi avanzate delle malattie degenerative. In particolare, la Demenza si associa ad una compromissione della collocazione temporale degli eventi e tale difficoltà si esprime diversamente in ragione delle diverse strutture cerebrali interessate dalla malattia. Anche condizioni transitorie possono essere responsabili del disorientamento temporale, come avviene per fatti traumatici, tossici o per l’uso di farmaci sedativi. Una condizione particolare è rappresentata dall’Amnesia globale transitoria nella quale il soggetto si comporta correttamente ma perde i riferimenti temporali per minuti o poche ore, senza ricordare le motivazioni della sua attività. Tale condizione, a prognosi sicuramente favorevole, può essere più frequente in alcuni soggetti, quali le persone che soffrono abitualmente di Emicrania, e non rappresenta un fattore predittivo per un futuro deterioramento cognitivo.

 

Trattamento e prevenzione

I diversi meccanismi e le molteplici condizioni cliniche, alla base delle alterazioni dell’orientamento temporale e della memoria di eventi nella loro collocazione temporale o successione cronologica, rendono difficoltosa l’identificazione di un atteggiamento univoco di prevenzione e trattamento.
In linea generale, si può affermare che le condizioni ad espressione episodica dovrebbero essere affrontate eliminando i fattori scatenanti o controllando le situazioni in grado di alterare il funzionamento delle strutture cerebrali responsabili della percezione del tempo. In tal senso, ad esempio, l’azione di farmaci, tossici o altre sostanze con effetto sul sistema nervoso centrale dovrebbe essere attentamente controllata. Nel caso di una perdita progressiva delle abilità cognitive con compromissione dell’orientamento temporale dovrà essere identificato un meccanismo di collegamento dell’esperienza a precisi riferimenti cronologici. Nelle situazioni di deterioramento cognitivo, ad esempio, è comune l’applicazione di un approccio di “orientamento nella realtà” basato sull’utilizzo costante di precisi riferimenti cronologici, come calendari, agende e orologi.

Prof. Leandro Provinciali

Direttore Clinica Neurologica e

Dipartimento di Scienze Neurologiche

Ospedali Riuniti di Ancona

Presidente SIN (Società Italiana di Neurologia)


Elisir di Salute • luglio-agosto 2016