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home » settembre-ottobre 2016 » Elisir di Salute – Settembre Ottobre 2016

Ictus, più velocità meno danni

Il fattore tempo può condizionare la qualità dell’assistenza e gli esiti di molte Malattie neurologiche acute, limitando sensibilmente i danni al cervello

In molte condizioni, il fattore tempo influenza sensibilmente l’evoluzione e l’esito delle Malattie neurologiche. Frequentemente tale condizionamento non è riconosciuto, perché si pensa che il danno del cervello, così come quello delle altre strutture nervose, si realizzi molto rapidamente e sia ineliminabile, rendendo ininfluente il trattamento urgente alla comparsa dei sintomi o l’approccio precoce nelle prime fasi della malattia. Tale convinzione è del tutto infondata perché un intervento tempestivo e qualificato è in grado di ridurre sensibilmente le conseguenze individuali e sociali del danno cerebrale.    

 

L’intervento tempestivo negli eventi acuti… 

Una delle condizioni più significative è rappresentata dalle Malattie cerebrovascolari acute. In caso di Ictus ischemico, un trattamento appropriato e tempestivo, realizzato nelle prime 3-4 ore dall’esordio dei sintomi, consente di ridurre mortalità ed esiti dell’evento ischemico. Anche in altre condizioni a esordio acuto, il Neurologo può modificare il decorso clinico se interviene precocemente, riconoscendo la condizione critica e attuando il miglior approccio terapeutico.

Tali situazioni possono essere esemplificate nei traumi cranici, nelle perdite improvvise di coscienza, nella Cefalea improvvisa e non abituale, nei disturbi repentini dell’equilibrio, nelle amnesie improvvise, nei deficit visivi o uditivi ad esordio brusco, nelle alterazioni inspiegabili del comportamento nei soggetti senza precedenti psichiatrici, negli stati confusionali e nei disturbi acuti dell’eloquio. In presenza di tali situazioni, è indispensabile che l’intervento del Pronto Soccorso sia arricchito da una valutazione neurologica d’emergenza e da un trattamento appropriato.

 

…e in quelli a lenta evoluzione Il fattore tempo condiziona non soltanto l’intervento urgente ma anche altre situazioni nelle quali l’esordio della sintomatologia avviene in maniera subdola o progressiva.

Nel caso di condizioni che non appaiono preoccupanti al loro esordio, è evidente che la diagnosi precoce di alcune Malattie neurologiche consente di attuare provvedimenti in grado di modificarne favorevolmente il decorso; esse riguardano la Sclerosi Multipla, la Malattia di Parkinson, alcune forme di Cefalea, l’Epilessia, le conseguenze tardive dei traumi cranici, alcune forme di Demenza ed altre condizioni degenerative che interessano il cervello. In molte situazioni l’intervento specialistico consente di attuare provvedimenti in grado di limitare l’evoluzione del danno neurologico, far cessare la fenomenologia o regredire la condizione morbosa.

Nel caso delle malattie croniche o evolutive nel corso di molti anni, può essere attuato un intervento specialistico con finalità di prevenzione delle complicanze o dell’evoluzione rapidamente peggiorativa.

Ad esempio, nel caso della malattie di lunga durata, come le malattie di Alzheimer o di Parkinson o la Sclerosi Multipla, l’intervento neurologico precoce può consentire di individuare i segni più significativi per una corretta prognosi funzionale e quindi “giocare d’anticipo” rispetto ai problemi che verranno. Inoltre, possono essere trattate adeguatamente le complicanze che ricorrono più frequentemente nelle Malattie neurologiche di lunga durata, evitando di aggiungere un carico di sofferenza ai quadri più incisivi nella qualità di vita del Paziente e dei suoi familiari.

È inoltre da ricordare che si sta diffondendo la pratica della “palliazione neurologica” indirizzata non solo a preparare il Paziente per la fase finale della sua esistenza, ma anche per contenere il carico di disagio e di sofferenza nei molti anni residui di malattia.

 

Ictus ischemico, un’emergenza tempo-dipendente

Vediamo ora più nel dettaglio come affrontare l’insorgenza di Ictus ischemico o cerebrale, una malattia ad esordio acuto che spesso richiede il ricorso a cure di emergenza e che rappresenta un rilevante problema di salute pubblica; rappresenta infatti la prima causa di disabilità, la seconda causa di Demenza e la terza causa di morte nel mondo industrializzato. In Italia vi sono circa 200.000 nuovi Ictus ogni anno e circa 1.000.000 di persone vivono nel nostro Paese con esiti invalidanti della malattia. L’Ictus ischemico in fase acuta rappresenta un’emergenza neurologica tempo-dipendente e la sua gestione richiede una complessa articolazione di programmi e di azioni puntuali capaci di assicurare l’efficienza del processo e l’efficacia della cura. La cabina di regia per la gestione del Paziente con Ictus acuto è la “Stroke Unit”, un reparto di Terapia intensiva dedicato esclusivamente agli Ictus, che ha prodotto forti evidenze scientifiche a supporto del miglioramento dell’esito clinico sia in termini di mortalità che di disabilità residua.

 

La nuova frontiera per la cura dell’Ictus

Oggi la migliore terapia per l’Ictus ischemico in fase acuta è la Trombolisi sistemica che consiste nella somministrazione di un farmaco (rtPA) capace di disostruire l’arteria cerebrale occlusa dai trombi, rendendo più agevole il flusso del sangue.

Un drastico cambiamento nel trattamento della fase acuta dell’Ictus è avvenuto recentemente, quando l’utilizzo di dispositivi meccanici per via endovascolare, ossia inseriti direttamente all’interno dei vasi sanguigni; questa tecnica, che si chiama Trombectomia meccanica, ha prodotto un marcato miglioramento nell’esito clinico dei Pazienti.

 

Quando intervenire

Dai risultati di alcuni studi emergono le indicazioni e le raccomandazioni aggiornate in termini di trattamento della fase acuta dell’Ictus: nei Pazienti con Ictus ischemico nei territori del circolo cerebrale anteriore e accertata occlusione di un grosso vaso, è raccomandato l’uso della Trombectomia meccanica intrarteriosa (utilizzo dei dispositivi meccanici inseriti nei vasi sanguigni) preceduta da un trattamento standard con somministrazione endovena del farmco rtPA.

Naturalmente previa valutazione di alcuni criteri, tra cui l’assenza di emorragia, e sempre che la procedura terapeutica sia eseguita in Centri con comprovata esperienza e il più precocemente possibile (entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi).

Queste opportunità terapeutiche, rappresentate dalla Trombolisi farmacologica sistemica e dalla Trombectomia meccanica, consentono di ridurre sensibilmente la mortalità e la disabilità. La nuova frontiera per la cura dell’Ictus ischemico in fase acuta è quindi la combinazione di queste due terapie.

 

Il ritardo evitabile

Nella comunità scientifica è diffuso, nell’ambito delle emergenze tempo-dipendenti, il concetto di “ritardo evitabile” inteso come momento organizzativo alla base dell’esito clinico. Il recupero del ritardo evitabile si fonda sull’efficienza organizzativa del percorso clinico del Paziente con Ictus acuto. In questo scenario, la differenziazione dei percorsi clinici del Paziente con Ictus acuto in relazione alle caratteristiche strutturali, professionali, tecnologiche e organizzative dei Centri ospedalieri facilita le scelte del Clinico e sottolinea l’importanza delle relazioni operative tra Centri nella logica di rete.

 

 

Tratto da Elisir di Salute (copyright) 

il punto di vista di medici e ricercatori

settembre/ottobre 2016

Prof. Leandro Provinciali

Presidente SIN (Società Italiana di Neurologia)

Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento

di Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti – Ancona  

 

Prof. Elio Agostoni

Direttore della Struttura Complessa Neurologia

e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze

Ospedale Niguarda Ca’ Granda – Milano


Elisir di Salute • settembre-ottobre 2016